Malacqua

Descrivere la situazione è diventato imbarazzante. Se qualcuno credeva, ed è da invidiare con molta sincerità, che Napoli-Perugia potesse essere la “svolta” della stagione si è dovuto nuovamente ricredere. E questa non è la cosa peggiore. La considerazione più amara è che il Napoli, sia come squadra che come società (che, anche, come tifoseria), ispira solo tanta tristezza.

Non c’è niente da salvare né della prestazione di ieri né delle partite post-Salisburgo. La squadra è spenta. L’addio di Ancelotti, e anche questo sembra paradossale, ha nociuto più della sua permanenza all’ombra del Vesuvio. Il tanto decantato ritorno al 4-3-3, come se in campo si scendesse con i numeri della lavagnetta tattica, ha portato una media punti da brividi: 0.6 a partita.

Certamente Gattuso non è imputabile di crimini che stanno alla base dell’orrenda crisi di cui la sua squadra è vittima. Ma ci sta mettendo anche del suo. Già, perché l’allenatore calabrese era stato preso per tamponare l’astinenza di vittorie e riportare la squadra a piazzamenti consoni, o quantomeno accettabili. E invece, tralasciando conferenze stampa da capopopolo o idolo-social in cui sostiene tutto e il contrario di tutto (leggasi polemica Ancelotti, ndr), non ha portato né l’una, né l’altra.

Le scelte di Ringhio appaiono tutte alquanto discutibili: effettuare un richiamo di preparazione a metà dicembre è pura follia, se si considera che il Napoli, tanto criticato dal punto di vista fisico, ha tenuto due volte in due mesi testa alla squadra più intensa e dominante fisicamente del mondo: il Liverpool di Klopp. Così come cercare di far palleggiare dal basso una squadra sfiduciata e senza autostima non ha fatto altro che scardinare le poche certezze: Di Lorenzo dirottato centrale, Meret in panchina sono solo alcune delle colpe di un allenatore che dà la sensazione di cercare più il protagonismo mediatico che i risultati.

Senza parlare poi dell’insistenza su principi e concetti di gioco che la squadra aveva ormai superato: non basta riproporre Insigne e Callejon nelle posizioni che occupavano tre anni fa affinché tornino i giocatori di quei giorni. E’ impensabile che il Napoli attuale ritorni quello “Sarrista”, sia perché i giocatori cardine che lo componevano sono ormai in declino totale, sia per il momento psicologico che stanno attraversando. Invece di una squadra battagliera, si parla ancora di “ricerca della Grande Bellezza”, ignorando che si staziona da settimane nella parte destra della classifica.

La rivoluzione che era stata cominciata da Ancelotti, che, è bene ribadirlo, pure ha fallito, era sacrosanta e imprescindibile. Tenere fuori Ghoulam, Callejon, Hysaj e lo stesso Insigne dalla formazione tipo era diventata l’unica via praticabile per dare una svolta futura al club. Quel ciclo meraviglioso è finito e le prestazioni dei calciatori ne sono una prova. Mentre Gattuso finge di non capirlo e si erge a capo di una Restaurazione che ha perso in partenza, il Napoli e Napoli precipitano in una “malacqua” di cui non si intravede nemmeno l’abisso.

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