Ancelotti, Higuaìn ed il nesso che non t’aspetti

Era un Napoli-Lazio del 31 maggio del 2015, quando Gonzalo Higuaìn sbagliava il rigore decisivo, al San Paolo, in una partita stregata che si concluse 2-4 per i biancocelesti. Quel penalty costò l’accesso ai preliminari di Champions.

Rafa Benitez fu allontanato e quel ciclo sembrava concluso. Era finita per i vari Mertens, Albiol, Callejon, Koulibaly, Jorginho, Ghoulam e per lo stesso Higuaìn. Arrivò Sarri che nei tre anni successivi non vincerà nulla, ma sarà capace di rinnovare un progetto oggettivamente finito esaltando ogni singolo giocatore. Sarri sarà aria fresca, una boccata d’ossigeno dal punto di vista tecnico e sportivo.

A parità di trofei, a Sarri è riuscito ciò che Ancelotti non è stato capace di fare: esaltare i propri giocatori tenendo uniti gli uomini. All’ex allenatore di Real, Bayern, Chelsea, Psg e Milan è sfuggita di mano una situazione apparentemente facile per un uomo di sport del suo calibro: è questo il suo più grande demerito, al di là del rendimento tecnico.

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