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La “sostenibile leggerezza” dei cambi di Carlo Ancelotti

Cambiando il titolo di un famosissimo romanzo di Milan Kundera, in casa Napoli si può a buon ragione parlare della sostenibile leggerezza dei cambi di Carlo Ancelotti. Il suo Napoli ha fino ad oggi giocato 11 partite ufficiali, e in tutte c’è stata almeno una novità tra gli uomini scesi in campo. Anzi, alcune scelte mostrano davvero come il turn-over non sia più un tabù rispetto al “dogma sarrista” degli 11-13 “titolari fissi”.

Su tutte, spicca l’alternanza in porta tra Karnezis ed Ospina (in attesa di Meret) e la clamorosa difesa a “tre e mezzo” vista in Champions contro il Liverpool, quando Maksimovic bloccò un tremendo velocista come Manè (e chissà che tale mossa non possa essere ripetuta domani sera a Parigi contro Neymar e soprattutto Mbappè). Cambiano gli uomini, ma il risultato non varia, per cambi ormai definibili vincenti, sistematici, scientifici e, appunto, sostenibili. Ormai è davvero lontanissima la “filastrocca” sarrista, il cui ritornello era il seguente: “Reina, Hysaj, Albiol, Koulibaly, Mario Rui, Allan, Jorginho, Hamsik, Callejon, Mertens, Insigne”.

Ai tifosi piaceva molto tale (vincente) ritornello, ma oggi Ancelotti ha aggiunto tante altre tracce a uno spartito che mostra sempre più qualità e, soprattutto, pronto per essere modificato anche in corsa e nelle situazioni più impensabili. Emblematico l’esempio di Udine, dove Verdi è uscito dopo un solo minuto di gioco, dopo una settimana passata a preparare la partita in un certo modo. Niente panico per Re Carlo: dentro Fabian e spostamento di Zielinski a sinistra. E dopo 10 minuti lo spagnolo trova un gran gol col “piede sbagliato”, il destro (lui che è mancino naturale), per poi rivelarsi tra i migliori in campo.

Più avanti è andato a segno anche Rog, appena entrato in campo, facendo capire come la bravura di un allenatore debba andare necessariamente di pari passo con un pizzico di fortuna, indispensabile sui campi di calcio come nella vita.

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