Metamorfosi Ancelottiane

E’ bastata la prima giornata di campionato, 90 semplici minuti, per dimostrare, qualora ce ne fosse bisogno, a tutti i detrattori, sguazzanti nelle sconfitte amichevoli, che il Napoli allenato da Ancelotti c’è, è forte e temibile. E riparte dal passato.

Del resto, nonostante Sarri sia, per alcuni, un ricordo sventrato dall’incombenza del tecnico di Reggiolo, l’esordio in campionato ha certificato come il toscano, ora in forza al Chelsea, abbia lasciato certezze e mentalità che vanno oltre la sua assenza.

Nella prima parte del match, va detto, è stato un Napoli atipico: meno palleggio, più contenimento e difesa eccentricamente bassa. Addirittura si sono scorti lanci a scavalcare il centrocampo per allungare la difesa romana. Il pressing forsennato, arma letale del triennio Sarrista, è stato sostituito ad un approccio più equilibrato e tirato nella propria metà campo, circoscrivendo la pressione sui portatori di palla avversari sul fronte medio-basso del campo.

Tuttavia, come anticipato già da Carletto, il Napoli non rinnega ciò che è stato. E infatti le conoscenze “Sarriste”, dopo qualche incertezza iniziale, dilagano: fraseggio corto, gioco nello stretto, dove Zielinski e Insigne si esaltano, e continue verticalizzazioni a cercare uno tra Callejón e Milik, sempre molto dinamici. E’ proprio nel momento in cui si ritorna alla ricerca della Bellezza che prima il pareggio e poi l’opera d’arte, disegnata con estro magico da Insigne, portano al vantaggio partenopeo.

Ad una parte centrale, tra i minuti 60’ e 80’, gestita con superiorità territoriale evidente, gli azzurri rispondono poi con un finale di stampo tipicamente “contropiedista”, fatto di difesa strenua e compatta, centrocampo fisico e roccioso (favorito dagli ingressi di Diawara e Rog) e attaccanti sempre pronti a scappare in ripartenza.

Tutto ciò a dimostrazione del fatto che il Napoli, è bene chiarirlo, non è e non sarà più rapportabile solo a Sarri o ad Ancelotti: cambierà pelle, muterà, giudicando in autonomia se e quando sfoggiare l’estetico tiki-taka o il pragmatico “attendismo”.

I cambiamenti apportati da “Re Carlo” riguardano soprattutto la presenza di scelta in una moltitudine di alternative, sostituendo lo spartito unico che tutti erano soliti riconoscere guardando giocare le “avanguardie” guidate dal “Comandante”.

Starà alla squadra amalgamare due ideologie così eterogenee, favorendo un equilibrato mix di divertimento e sofferenza. Come fanno tutti i club vincenti. In nome della duttilità, ecco che già s’intravedono nel Napoli le prime metamorfosi Ancelottiane.

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