La sconfitta di ieri contro il Torino è stata pesante, non solo per i tre punti lasciati per strada, ma anche per quanto visto in campo e per gli interrogativi che ne derivano.
L’analisi a mente fredda, stavolta, restituisce solo considerazioni negative, veri campanelli d’allarme per il futuro immediato.
Il gioco da sempre è quello che è, ma stanno mancando velocità e determinazione
Inutile girarci intorno: il Napoli di Conte non è mai stato particolarmente bello da vedere. Le gare – sia contro le big che contro le squadre più deboli – sono quasi sempre state sofferte, povere di reti e in bilico fino alla fine.
Eppure, la scorsa stagione è stata un capolavoro, chiusa da campioni partendo da semplici outsider.
Oggi, dopo sette gare di campionato e due di coppa, mancano terribilmente quel furore agonistico, quella compattezza e quella aggressiva determinazione che avevano reso possibile un’impresa insperata.
La squadra appare compassata, priva di accelerazioni, senza cambio di passo, incapace di ribaltare l’inerzia della gara. Il primo tempo è sistematicamente regalato all’avversario di turno.
Siamo passati da un atteggiamento feroce, fatto di recupero palla e ribaltamento immediato dell’azione, a un possesso palla compassato e innocuo per gli avversari e ad un pressing mai corale e convinto.
Allo Stadio Olimpico Grande Torino gli uomini in maglia azzurra non hanno conquistato una seconda palla, non hanno primeggiato in nessun duello di forza o di velocità, non hanno creato nulla dalle numerose palle inattive avute a disposizione. Ieri, lo sguardo giusto –quello cattivo e affamato – l’ho visto solo in Spinazzola e nel subentrato Politano.
Da Conte deve arrivare il cambio di passo
Troppo poco, questo Napoli, per difendere lo scudetto che fa bella mostra sulle maglie.
Conte sembra preoccupato, e non perde occasione per sottolineare le difficoltà del secondo anno. Spesso si rifugia nel possesso palla o in statistiche ampie per giustificare i numerosi guai muscolari.
Eppure, quest’anno ha avuto ancora più carta bianca della stagione scorsa: tutte le scelte di mercato – eccezion fatta per l’occasione De Bruyne, che può essere tutto meno che un errore – sono le sue.
Mai come in estate la società ha investito, senza calcoli o prudenza finanziaria.
Discutere ora del costo dei cartellini dei nuovi arrivati o della loro effettiva resa in campo è inutile: avremo tempo, a giochi fatti, per criticare o – si spera – esaltare il mercato azzurro.
A Conte, però, va chiesta una netta e sollecita inversione di tendenza. Il paragone con la squadra campione è impietoso.
La difesa è diventata facilmente perforabile, l’attacco è peggiorato sia nelle reti che nelle conclusioni pericolose, nella gestione della rosa alcuni vengono sfruttati all’eccesso, altri restano in naftalina.
Il doppio impegno sta causando ansia, con già due sconfitte a cavallo delle partite internazionali.
Conte deve dimostrare di saper difendere fino all’ultima giornata il titolo conquistato a maggio, senza trascurare il percorso europeo – la Champions non va vinta, ma onorata nei risultati e nei relativi introiti – né dimenticare le cosiddette coppe minori.
Infortuni, impossibile non parlarne
Contro il Torino, il Napoli non ha potuto disporre inizialmente di Rrahmani, Buongiorno, Lobotka, McTominay, Politano e Højlund.
Assenze pesanti, assumibili a parziale giustificazione, ma anche ad un chiaro segnale che qualcosa nei carichi di lavoro o nella gestione della rosa non funziona.
Il Napoli ha più infortuni muscolari rispetto alle altre, e non si può negare.
Nell’immediata vigilia, non sono usciti fuori i dei problemi fisici di McTominay e Højlund, probabilmente per non dare vantaggio all’avversario. Ma allora, perché non tenerli in panchina? Baroni avrebbe creduto in un turnover iniziale, e temuto un loro possibile ingresso.
Anguissa e Di Lorenzo avrebbero bisogno di riposo: il capitano è sotto tono da troppe gare, Oliveira è un fantasma in campo.
Allora perché non puntare su Elmas e Lang dal primo minuto?
Mazzocchi può fare un tempo contro squadre di media fascia? Ieri non si poteva schierare Gutierrez?
Ambrosino sta avendo le sue chance, perché non si prova a gettare nella mischia anche Vergara, vista la coperta corta a centrocampo?
Le prove dei singoli: Lucca e Neres da matita rossa, De Bruyne non fa la differenza
Le considerazioni precedenti ci portano a valutare le seconde linee, fin qui deludenti.
Lucca ha chiuso un’altra gara anonima, priva di spunti.
Non difende palla, non lega il gioco, e anche in area la sua fisicità viene annullata facilmente da una delle peggiori difese del campionato.
Le bocciature affrettate non aiutano, ma il ragazzo sta perdendo fiducia e non sembra – a parte il fisico – il centravanti adatto al gioco di Conte.
Anche Neres è una grande delusione: gioca troppo lontano dalla porta, non salta quasi mai l’uomo e si limita a uno scialbo compitino. Si parla tanto degli acquisti estivi, ma si dimentica che l’esterno ex Benfica è costato tanto, non segna da mesi e si sta avviando verso una malinconica mediocrità.
Qualche parola va spesa anche su De Bruyne. In campo si muove tanto, ha buona tenuta fisica per l’età, ma non fa la differenza.
Da lui ci si aspetta il passaggio illuminante, la giocata clamorosa, la punizione decisiva.
Nel momento del bisogno – e ieri lo era, eccome – non può sbagliare un tiro al volo davanti alla porta con nessun avversario a pressarlo.
Lang non è una delusione: non è ancora giudicabile, in attesa di più minuti in campo e di un pizzico di fortuna, mancato ieri sera per quell’anca in fuorigioco.






