Non c’è mai stata partita
La disfatta di ieri sera dell’Inter contro il PSG ha del clamoroso; è una sonora lezione per tutto il movimento calcistico nazionale, che può diventare anche una indicazione utile – pure in casa azzurra – per il prossimo futuro.
Cominciamo dal punteggio: un 5-0 tanto netto ed ampio da rappresentare lo score più largo e sbilanciato nella storia della competizione.
In tempi relativamente recenti ricordiamo le facili vittorie del ricco Milan di Berlusconi per 4-0 contro lo Steaua di Bucarest (forse la squadra meno attrezzata di sempre a raggiungere la finale) e, qualche anno dopo, nella gara contro il presuntuoso Barcellona guidato dal povero Cruijff.
La finale è quasi sempre stata una gara molto tirata e incerta, con l’equilibrio spostato da un unico episodio, o dalla giocata estemporanea del fuoriclasse di turno.
Stavolta l’incertezza è durata appena una manciata di minuti, giusto il tempo di consentire ai transalpini di aggirare tutta la difesa nerazzurra (schierata) e consentire all’ex Hakimi il più facile dei tap-in. Tra l’altro il marocchino – cosa abbastanza anomala, visto il contesto e l’importanza della segnatura – non esulta, quasi scusandosi memore del felice anno trascorso all’Inter.
In campo l’italiana più forte
Eppure in campo c’era la squadra italiana unanimemente riconosciuta come quella più forte, per la qualità dell’organico, l’esperienza e la profondità della rosa. Quella per cui, ancora in questi giorni, tanta stampa fatica a spiegare il secondo posto in Serie A.
Invece si è vista una sola maglia e il punteggio avrebbe potuto essere addirittura più tennistico se prima Kvaratshelia, a gara teoricamente ancora in bilico, e poi il subentrato Barcola non avessero fallito facili opportunità a due passi da Sommer. E meno male che Dembélé ha fatto ammattire i difensori italiani, ma ha lasciato negli spogliatoi il fiuto per la rete.
In Europa è un’altra cosa
In campo internazionale, quando il livello sale, non basta più l’atteggiamento sparagnino, restare coperti dietro la linea del pallone e affidare tutto al lancio lungo per la sgroppata di forza di Thuram o l’invenzione di Lautaro, entrambi fagocitati per tutta la gara dalle strette maglie della difesa parigina.
Non è più l’epoca del pullman di Mourinho davanti alla porta del Barcellona (semifinale del 2010), le migliori squadre giocano con una intensità ed una velocità che non temono le compagini tutte arroccate in difesa.
Grave che l’Inter – l’attenuante può essere solo l’energia fisica e mentale spesa nella rincorsa al Napoli – sia arrivata scarica, inoffensiva e quasi inerme all’appuntamento più prestigioso della stagione.
L’unica arma utilizzata è stato il conforto delle statistiche nel giocare le palle ferme. Troppo poco credere di impensierire il PSG di ieri facendo ammucchiate nell’area piccola per quel paio di calcio d’angolo
Confronti impietosi
Abbiamo ammirato un ragazzo, Desiré Doué – 20 anni tra 2 giorni – finora forse oscurato dalle tante stelle in squadra, ma dal dribbling e dal tocco di palla fuori dal comune. Impietosi i duelli in tutti i reparti. I difensori: Di Marco in campionato sembra Nembo Kid, ieri errori gravi nelle prime due segnature. Bastoni e Acerbi, rudi e dalla voce grossa dalle nostre parti, ieri sembravano comparse spaventate.
Il centrocampo ingiocabile (vero Mkhitaryan?) completato da Barella e Calhanoglu, è stato devastato dalla velocità e dal fraseggio di Neves e Vitinha, supportati dall’ex azzurro Fabian Ruiz.
In sintesi, un capolavoro tattico di Luis Enrique che quest’anno ha trasformato le figurine milionarie messe a disposizione dalla proprietà quatariota in una squadra vera.
Inter pessima in toto e, permanenza di Inzaghi tutt’altro che certa.
La lezione che devono trarne gli azzurri
La SSC Napoli si affaccia nuovamente alla Champions League.
Servono gioco e tanta qualità nei singoli, per fare quanta più strada possibile.
Gli azzurri partiranno dalla terza fascia e, probabilmente, il girone sarà veramente tosto come già accaduto altre volte.
Il probabile arrivo di Kevin De Bruyne nella rosa dei Campioni d’Italia è un ottimo inizio, al quale deve fare seguito tanto altro. La squadra deve acquisire qualità ed esperienza internazionale, attraverso l’innesto di calciatori già fatti e pronti. Conte chiederà a gran voce un organico anche numericamente all’altezza, che gli consenta di gestire il doppio impegno.
La bastonata presa dall’Inter deve esserci utile ad approcciare nel modo giusto questa nuova avventura. Lo stesso Conte dovrà invertire il suo personale trend, che lo vede nelle ultime esperienze uscente agli ottavi con Tottenham e Chelsea e addirittura ai gironi alla guida proprio dei nerazzurri.