Antonio Conte, tecnico del Napoli, ha parlato in conferenza stampa, in presentazione di Juventus-Napoli. Si è parlato di come gli azzurri debbano saper interpretare le partite, oltre che della questione delle coppe europee, alle quali il Napoli non prende parte. Di seguito, tutte le sue dichiarazioni alla stampa.
“Prima di iniziare la conferenza vorrei rivolgere un pensiero per la scomparsa di Totò Schillaci. A soli 59 anni viene a mancare un calciatore ed una persona che per noi del Sud è stato l’emblema di una persona che ce l’aveva fatta. Per noi meridionali è stato un grandissimo esempio. Sono rattristato ed ho potuto giocare con lui alla Juventus. Un pensiero anche alla famiglia per la perdita di un’ottima persona”.
“Questa partita arriva al momento giusto? Come ho detto in precedenza penso che un po’ per tutti, col fatto che il mercato sia finito tardi, c’è una fase di assestamento. I nuovi giocatori sono arrivati da poco, poi devi fronteggiare 3 partite. Inevitabile che tutti stiamo lavorando per trovare la quadra. Io dico sempre che chi ha tempo non aspetti e che ogni partita vale tre punti. C’è però poi che stiamo cercando la necessità di ottenere buone prestazioni e fare punti, perché poi varranno. Mi aspetto sicuramente di dare continuità e dobbiamo crescere sotto tanti punti di vista. Non dobbiamo pensare all’ultima gara e non dobbiamo illuderci, ogni partita dev’essere un test per dimostrare che siamo sulla retta via”.
“Questa gara è un esame? Io penso che ogni test sia un esame. Lo è stato a Cagliari perché abbiamo giocato su un campo difficile, ed abbiamo avuto difficoltà ambientali. A volte puoi trovare degli esami di tipo tecnico, tattico. Noi dobbiamo affrontare ogni test con la massima serietà possibile, al di là dell’avversario”.
“Che sfida è la gara di sabato? Ci auguriamo che sia di valore importante per entrambe le formazioni. Oggi è presto dirlo perché penso si parta su due livelli diversi, perché rispetto all’anno scorso ci sono 18 punti da recuperare, ma da parte di entrambe c’è voglia di rivalsa. Una squadra come la Juve non si può accontentare di arrivare così distanziata dalla vetta, mentre noi non possiamo pensare di arrivare così lontani dai primi posti. Partiamo da due livelli diversi in partenza, ma ci auguriamo che nel ritorno si possa parlare con più certezze alla mano”.
“Come sta vivendo questa settimana dal punto di vista sentimentale? La mia storia parla chiaro, 13 anni trascorsi in bianconero da calciatore, dove sono stato anche capitano e abbiamo vinto tutto. Ho potuto fare 3 anni da allenatore e aprendo un ciclo storico. Faccio parte della storia juventina. Da calciatore è più semplice rimanere a lungo, come Bruscolotti, Maldini, Baresi, Antognoni e Totti. Poi da allenatore è più difficile farlo, io ho avuto il piacere di allenare la Juve per tre anni. Poi sono stato anche in piazze diverse, per le quali sono diventato il primo difensore. Oggi ho il piacere di allenare il Napoli, per me che sono del sud è un orgoglio. La storia non la cancella nessuno, per me sarà una grande emozione tornare in quello stadio che è stato inaugurato quando ero allenatore. Tornerò per la prima volta con i tifosi, visto che nelle altre partite c’era il Covid. Sarà poi un’emozione tornare da avversario al Napoli, magari avverrà tra un bel po’ mi auguro”.
“In questa settimana ha provato nuovi ‘abiti’? Noi dobbiamo indossare un bell’abito. Io ho voglia di offrire un bello spettacolo, ed è inevitabile che il tuo abito debba essere pronto a sporcarsi, perché puoi trovare delle situazioni dove se non metti la giusta cattiveria serve farlo, sapendo che però questo è bello. Per le squadre vincenti è un ottimo connubio. Ci sono diversi esempi di partita, ieri l’Inter ha giocato in casa del City ed ha alternato momenti dove ha giocato ed altri dove ha difeso, dimostrando di essere una squadra con la S maiuscola e indossando più abiti. Noi stiamo iniziando a capirlo, l’anno scorso si pensava molto al possesso e non c’era equilibrio o volontà di ricompattarci. Se vogliamo essere competitivi dobbiamo migliorare”.
“Quanto ha inciso l’aspetto fisico sulla squadra? Io penso che qualcosa sia cambiato rispetto all’anno scorso. C’erano 12-14 giocatori in uscita e 7 in entrata. Molto è cambiato anche nella scelta dei calciatori. L’aspetto fisico è importante nel calcio di oggi. Il calciatore top dev’essere forte, veloce e resistente. Come squadra dobbiamo essere così. Ci stiamo lavorando, è inevitabile che ci sono stati dei cambiamenti rispetto all’anno scorso. Stiamo inserendo dei calciatori in quella base che abbiamo scelto di confermare. Ma, sicuramente, c’è stata una mutazione”.
“Non aver giocato le coppe è un vantaggio? La Juve di Thiago Motta a che punto è? Thiago raccoglie un’eredità pesante. Allenare i bianconeri non è mai banale, ti si richiede sempre la vittoria. Lui è stato mio calciatore in Nazionale, è un bravo ragazzo che a Bologna ha fatto benissimo. Gli auguro il meglio umanamente, chiaramente non nelle partite contro di noi (ride, ndr). Io dico sempre la verità, c’è un vantaggio ed uno svantaggio. Per me, che sono al primo anno, c’è il vantaggio di lavorare di più. Quando arrivi in un nuovo club serve tempo per lavorare sulle tue idee, specie quando tanti calciatori arrivano all’ultimo. Non nego che è un aspetto positivo. Lo svantaggio è che non hai una rosa competitiva come avresti potuto fare in Europa. Magari hai solo 16-18 calciatori di livello e non 25”.
“A che punto è l’inserimento di McTominay, Gilmour e Neres? Più tempo passa, più entrano dentro la nostra idea. Aver potuto lavorare con il brasiliano nella sosta e in questi 10 giorni con gli scozzesi è stato positivo. Hanno compreso la nostra idea di calcio e si stanno adattando a livello fisico e metabolico. Da questo punto sono contento perché ho dei ragazzi ricettivi che apprendono. Possono darci un buon rapporto”.
“È preoccupato dalle troppe occasioni concesse? Tutti vorremmo sempre la partita perfetta. Mi auguro di arrivare a giocarla, dove hai totale dominio della palla, puoi fare 3-4 gol e non lasciare occasioni. Questo però è difficile, il nostro campionato è tattico e tutti si preparano sugli avversari. Ci sta lasciar attaccare, ma riuscissimo ad essere ermetici esclusa la prima partita, per subire un solo gol nelle ultime 3 partite, metterei la firma”.
“Kvaratskhelia subisce troppi falli? Parto dal presupposto che odio il gioco violento. Non mi sono mai permesso di fare falli violenti da giocatore. Mai ho detto ad un mio giocatore di fare un fallo per far spaventare un calciatore. Prima la situazione era più rustica, questo magari è capitato a Cagliari. Lì gli arbitri non devono aver paura di sanzionare dopo 30 secondi, può capitare sia all’inizio che alla fine. Se c’è un fallo intenzionale dove metti a rischio l’incolumità del giocatore va sanzionato. Non penso che il calciatore del Cagliari volesse fargli male, però il giallo andava fischiato, serve per proteggere il calcio e i calciatori di talento”.
“Un aneddoto su Schillaci? Una volta arrivato alla Juve venivo dal Lecce. È inevitabile che da persona del Sud avevo da subito legato con lui. Quando arrivai lì per me erano tutti campioni, davo del voi a tutti. Lo vedevo come un idolo nonostante lui fosse molto umile e si mise a disposizione”.
“Si è ritrovato lo spirito di squadra? L’arma vincente del Napoli e non solo di due anni fa è sempre stato lo spirito di gruppo, e lo sarà per ogni club vincente. Questa è l’unione e la voglia di aiutarsi l’un l’altro. Io ho trovato un gruppo di ragazzi perbene, dove non c’è chi pensa per sé stesso. Da questo punto di vista è stato più semplice battere su alcuni tasti. Questo si costruisce nel tempo, soprattutto nelle cadute dove c’è bisogno di espellere le cose negative per poi affrontare come da noi accaduto a Verona. Per formare coesione la mia comunicazione dev’essere diretta e onesta, meglio una brutta verità che una bugia. Una bugia viene sempre a galla, e quando ci incontreremo in futuro dobbiamo guardarci negli occhi. Quindi meglio una brutta verità che dà fastidio ma ti fa capire che stai facendo qualcosa”.