Tra colpe e futuro: chi è il responsabile?

    “Siamo lì, siamo lì in classifica, tutte vicino, siamo lì” quante volte l’ho sentito, anche dalla mia bocca (Che poi mi chiedo questo “siamo lì” ma per che cosa precisamente?). Già un paio di mesi fa ero convinto che si fosse lì soprattutto per la mediocrità delle altre – considerando la situazione Covid – ma ho continuato a credere e dire “siamo lì” (sperando e illudendomi in un qualcosa che purtroppo non arriverà). Ad oggi oltre ad essere ancora più convinto che la posizione in classifica è conseguenza per il motivo suddetto, aggiungo che: siamo lì, ma è come se non ci fossimo. 

    Un Napoli immaturo. Così definirei la squadra di Gattuso. Quando serve quel passo in più, quel passo utile per mettere in cassaforte la propria posizione in classifica e/o migliorarla, si lascia sprofondare negli abissi delle (proprie) incertezze, paure, ansie. Gli azzurri, quest’oggi, sono passati dal mandare in bambola l’Hellas nei primi 25 minuti al giocare con le bambole i 70 minuti successivi. Disastrosi da far paura. Un grosso punto interrogativo su diversi aspetti. 

    L’ALLENATORE 

    Appena arrivò a Napoli, Gennaro Gattuso ha avuto il merito di aver risollevato una squadra sull’orlo del baratro chiamato Carlo Ancelotti e di aver resuscitato giusto un paio di calciatori in rosa. Da prima del suo arrivo aveva dalla sua quel carattere, personalità e mentalità che mancavano al Napoli. Ad oggi dalla sua ha una Coppa Italia portata a casa. Ed è per questi motivi che l’ho sempre difeso. Al Bentegodi, però, ha dimostrato diverse incertezze, qualche limite, quasi in confusione il Mister. 

    Nello specifico di Verona-Napoli, questi i miei punti interrogativi: 

    • Come può una squadra di Serie A subire un gol come quello di Dimarco?
      Politano e Lozano su quale fascia hanno giocato? Hai cambiato e scambiato nella speranza di cosa? 
    • Perché far entrare Mertens e Osimhen così presto – quando sai che non sono in condizione – perdendo proprio
    • presenza fisica in campo? Anche qui, pensavi che un “ragazzino” ti salvasse la partita dopo quasi 3 mesi di assenza?
    • Maksimovic e Meret al posto di Ospina e Manolas.

    Ora è facile e comodo, fin troppo, chiedere la testa di Gennaro Gattuso che, come detto, ha le sue “colpe”, ma siamo così sicuri che il ruolo di responsabile vada attribuito solo a Rino? Prima di puntare il dito è meglio analizzare in toto la situazione. 

    LA SOCIETÀ 

    È preoccupante come post-Sarri non si sia riuscito a creare un vero e proprio progetto. Ancelotti ha accettato il tuo tipo di idea-mercato il primo anno, felice delle permanenze di alcuni giocatori. Al secondo anno quando ha chiesto un qualcosa in più in entrata non è stato accontentato fino in fondo, e i risultati hanno dimostrato come questo abbia influito, al di là del calcio liquido che può o non può piacere; quando ti ha chiesto, invece, la cessione di qualcheduno e non è stato “ascoltato” si sono creati dissapori e spaccature culminate nel famoso ammutinamento. Hai preso Gennaro Gattuso come traghettatore, conquista la Coppa Italia e pensi a lui come futuro allenatore. Nel gennaio scorso fai un mercato “tappa-buchi”, comprando il minimo indispensabile per arrancare fino a fine stagione e Rino si accontenta giocando di attesa e ripartenza. In più ti convince anche Mertens a restare.

    Quando, successivamente, ti dice chiaramente che vuol proporre un nuovo tipo di soluzione, più propositiva fai – bisogna dirlo – anche un grande investimento in estate con Osimhen nel periodo peggiore della storia attuale, ma arrivi a fine mercato non riuscendo a risolvere determinate situazioni come quella di Milik, capendo che non puoi operare in entrata come vorresti (e anche qui c’è da porsi, ovviamente, l’interrogativo su quale fossero le reali intenzioni) e tappi un altro piccolo buco allo scadere della sessione a centrocampo per giocare col 4231 con l’innesto di Bakayoko. E seppur la rosa sia la più completa dell’era ADL, manca sempre qualcosa, e le prestazioni lo dimostrano. In questo arco di tempo – aggiungo – che la vecchia spina dorsale della squadra non è stata mai sostituita, forse nemmeno provata a sostituire.

    Altra questione, i rinnovi. L’incertezza di determinate situazioni contrattuali – la stessa di Gattuso – ha influito sulle prestazioni. Diversi giocatori con il punto interrogativo sulle spalle hanno dimostrato di non avere la giusta voglia (e aggiungo professionalità) in campo. Il risultato? Un Napoli altalenante, con l’ansia – e paura – da prestazione dietro l’angolo (i fattori Covid e assenze contano, ma fino ad un certo punto). 

    Ma la colpa più grande? Quella di non avere una figura di spicco, di personalità, che faccia da collante fra società, calciatori e allenatore. 

    CALCIATORI-SPOGLIATOIO

    Qualcuno, quando il grido #AncelottiOut un anno e un mese fa era forte e di tendenza, si è mai chiesto se Sir Carlo avesse ragione all’epoca a chiedere la cessione di alcuni in rosa con l’intenzione di rifondare l’intera squadra un tassello alla volta? 

    Ed ora che si grida al #GattusoOut – sottolineando che la squadra che ha ora in mano Gattuso è più o meno la stessa di quella di Ancelotti, le prestazioni e la testa anche – perché non chiedersi: ma siam proprio sicuri di chiedere la forca solo per Rino? E se, forse forse, avesse avuto proprio ragione quel povero allenatore venuto a prendere solo la pensione e sistemare il figlio qui a Napoli? 

    L’allenatore può sbagliare, ma ad andare in campo sono i calciatori e se il Napoli continua a vagare nel limbo della paura e della confusione, probabilmente le risposte non devono essere trovate solo nel volere la testa del mister. 

    Conclusione? Va bene chiedere la testa dell’allenatore, ma solo dopo aver analizzato bene il toto. La colpa del momento è di tutti, nessuno escluso. Servono soluzioni, perché se la matematica non è un’opinione con questa media in champions non entri e il mancato piazzamento potrebbe significare ridimensionamento completo, poi chi lo dice a chi chiede la testa di Gattuso? 

    In discussione tutti, che si progetti il futuro perché ad oggi fa paura.

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