Spiragli tattici Vol.25: La fine di un’era

Finisce così. Senza toni fragorosi, fuori dagli schemi, nessun abbraccio o commiato speciale. Marek Hamsik termina l’avventura al Napoli e lo fa come ha sempre guidato il centrocampo azzurro sinora: in silenzio.

Ma il vuoto che l’oramai ex capitano del Napoli lascerà alla squadra di Ancelotti non è da poco: lo ha mostrato la partita di ieri, dove al rientro dall’infortunio, il numero 17 ha guarito la sindrome di una squadra che palleggiava sì bene, ma senza tempi per le verticalizzazioni.

La lezione dell’andata è servita
Paragonare due sfide diametralmente opposte come quelle d’andata e ritorno tra Sampdoria e Napoli sarebbe assurdo, nonché quasi impossibile, visti i cambiamenti apportati nel frattempo da entrambi gli schieramenti.

La formazione ufficiale di Napoli-Sampdoria: tornano Meret e Hysaj. Confermato Zielinski da estero sinistro, mentre in mezzo Hamsik potrebbe aver giocato la sua ultima gara con la maglia del Napoli.

Non a caso, con il nuovo metodo di pressione coniato da Ancelotti, ben più stretto e basso, si è sopperito al problema più grande cui di solito ci si incappa se si affronta la Samp: l’inferiorità numerica in mezzo al campo. Avendo i blucerchiati quattro giocatori nel centro, all’andata fu un problema rinculare in tempo dopo che anche il centrocampista centrale (in quel caso Diawara) abbandonava la posizione per rincorrere alto gli avversari.

La pressione del Napoli non è forsennata: Insigne disturba Ekdal, così Hamsik può uscire su Jankto, che si era proposto. Ramirez, il trequartista nel 4-3-1-2 di Giampaolo, è costretto ad abbassarsi sulla linea di metà campo per ricevere palla, ma sarà chiuso in anticipo da Koulibaly, sempre pronto a staccarsi dalla linea difensiva.

Ieri, invece, complice un grande spirito di sacrificio, anche Insigne si è abbassato per prendere a uomo Ekdal, vertice basso del “rombo” di Giampaolo: così Allan e Hamsik erano liberi di andare a prendere le mezzeali avversarie, con Koulibaly e Maksimovic che a turno si staccavano per uscire su Ramirez, ieri nella posizione di trequartista, proprio sulla verticale di Ekdal.

Gioco in ampiezza
Oltre al sistema di gioco in fase di non possesso, è doveroso sottolineare un altro cambiamento che ha permesso ieri al Napoli di vincere: l’uso dei lanci lunghi per rifiatare e, al contrario, costringere la Sampdoria a stancarsi e macinare kilometri “inutilmente”.

Difatti, essendo il triangolo di centrocampo dei genovesi molto stretto, tutti e tre gli interpreti devono spostarsi sul lato palla. Proprio per questa ragione, il Napoli ha messo duramente alla prova i polmoni degli avversari, con l’effettuazione di ben 68 passaggi lunghi. I due calciatori che hanno permesso questa nuova soluzione, guarda caso, erano assenti nella nefasta partita d’andata: Hamsik e Callejón.

La mappa dei tocchi di palla di Callejón: lo spagnolo è sempre stato largo, così da permettere al Napoli di giocare in ampiezza e sfruttare le zone del campo dove la Samp era debole: le fasce.

Il contributo dello spagnolo è stato evidente nell’allargare le maglie avversarie: Murru è sempre stato costretto ad uscire su di lui. In tal modo, Insigne ha sempre avuto l’opportunità per inserirsi tra il centrale di sinistra (Colley) e il buco lasciato dal terzino sinistro ex Cagliari.

Nell’azione del secondo goal, Mario Rui è più avanzato: questo permette a Zielinski di attaccare l’interno del campo, poiché Bereszyski è attratto dal pallone e non dall’uomo. In quella posizione da finta mezzapunta, il polacco è risultato imprendibile per i sampdoriani.

Stesso discorso, poi, vale per l’altro lato, dove Mario Rui è stazionato più largo per permettere a Zielinski, che, Ancelotti dixit, “per 45 minuti ha giocato da fuoriclasse”, di entrare dentro al campo e fungere da mezzapunta accanto ad Insigne. Ciò ha permesso al polacco di scatenare il suo estro, inventando e inserendosi con i tempi giusti.

L’importanza di Hamsik
Nonostante le difficoltà fisiche, ormai divenute quasi compagne di viaggio della carriera di Hamsik, lo slovacco è ancora determinante per il gioco del Napoli. Non sarà dunque facile, come molti pavoneggiano, sostituirlo. Vediamo il perché.

Nel match di ieri Marek è stato decisivo, oltre che tecnicamente, anche nei numeri di squadra: a parte l’apertura di 40 metri per il taglio di Callejón sul goal di Milik, ha cambiato il centrocampo azzurro. A Milano, per esempio, i passaggi effettuati erano stati 554 contro i 691 di ieri; per non parlare delle occasioni in attacco.

Contro il Milan il Napoli ha crossato molto di più (28 vs 16 effettuati contro la Samp), ma concretizzato meno in tiri: 15 a San Siro, ben 21 ieri. A dimostrazione di come il palleggio dipenda anche dalla presenza di un play-maker puro come l’Hamsik post-Sarri.

La palla arriva tra i piedi di Hamsik che, seppur spalle alla porta, grazie alla visione periferica del campo orienta già il corpo per servire Hysaj a destra e costringere così la Samp a scalare interamente sul lato palla, sprecando fiato ed energie.

Il futuro del Napoli senza il proprio capitano, dunque, non è da prendere per nulla a cuor leggero, anzi. Sarà complesso trovare in rosa un calciatore che si avvicini alla qualità di smistamento di Hamsik e alla sua leadership, seppur con toni sempre pacati, in mezzo al campo.

Fabián è probabilmente l’erede designato del 17, ma interpreterà il ruolo a modo suo, com’è giusto che sia. Senza voler diventare la copia di un calciatore inimitabile, che avrà pur vinto poco ma che ha segnato la storia di un club e della propria città. Ora sarà meglio subire il colpo, accettarlo, realizzarlo: è giunta la fine di un’era.

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