Spiragli tattici Vol.22: Crisi di nervi

Laddove non arriva la classe, il genio o la pura intuizione tattica, tocca alla maturità frapporsi tra una sconfitta immeritata e l’atleta in questione. E, nel caso del Napoli, che rimane essere un collettivo anziché un singolo individuo, il controllo psicologico di una partita come quello di ieri a San Siro è sembrato troppo per una squadra ancora mentalmente acerba.

Perché due espulsioni, un match-point fallito da 0 metri a porta sguarnita e calciato sul piede dell’unico difensore interista nei dintorni (Asamoah) e una futile e infantile polemica contro un Mazzoleni che forse per la prima volta nella sua carriera ha inficiato relativamente poco con il risultato di una sfida che lo vede protagonista, è un bottino triste.

La formazione ufficiale del Napoli. Oltre alla novità terzino destro, spicca la chance concessa a Meret in una gara così importante. In attacco rientra Milik al fianco di Insigne.

Ancelotti chiama
Eccetto i limiti di crescita, almeno dal punto di vista della gestione emotiva, del Napoli, la partita è stata intesa e, a tratti, tatticamente spettacolare ed in equilibrio totale. Merito di due top coach, Ancelotti e Spalletti, che hanno studiato e cercato antidoti l’uno contro i punti di forza dell’altro.

La soluzione voluta da Ancelotti ha in alcuni tratti funzionato: qui Perisic è costretto a marcare Callejón. Così, Icardi è solo contro tre azzurri. Da notare, poi, il movimento di Zielinski, che accentrandosi va a formare un centrocampo a 3 con Allan e Hamsik.

L’allenatore partenopeo, ad esempio, ha in primo luogo adattato Callejón nel ruolo di terzino destro per, come da lui stesso dichiarato a fine gara, “costringere Perisic ad abbassarsi di più”. Così facendo, infatti, avrebbe costretto Icardi ad un 1 vs 2 in fase di non possesso interista contro Albiol e Koulibaly, che avrebbero gestito il pallone senza problemi.

Spalletti risponde
Ma il condizionale non è d’uso retorico. Perché dall’altra parte, Spalletti ha sopperito all’eccellente mossa azzurra chiedendo ai suoi un pressing continuo, feroce ed altissimo. Soprattutto le mezzeali del centrocampo a 3 sono andate a prendere a uomo il centrale del Napoli che si liberava per chiedere palla, ostacolando la costruzione del gioco dal basso.

Il Napoli è in fase di costruzione, ma i due centrali sono chiusi da Icardi (la punta) e dall’uscita di una mezzala, in questo caso Joao Mario. Borja ha già anticipato Allan nel movimento, mentre Perisic è tenuto basso dalla posizione di Callejón.

Il che ha permesso all’Inter, più che a qualsiasi altra squadra in stagione, di schiacciare per la prima mezzora la squadra di Ancelotti, che si sentiva spesso soffocare in una morsa di calciatori nerazzurri, sempre compatti e vicini tra loro. Ma nonostante ciò la porta del Napoli è sempre stata al sicuro, sia per l’inconcludenza avversaria, sia per i meriti di una difesa in spolvero assoluto, che ha visto protagonista anche il subentrato Maksimovic, che non ha mai abbandonato la marcatura di Perisic.

Centravanti di manovra
Uno dei capi d’accusa maggiormente rivolti, nel corso della carriera, a Mauro Icardi è di certo la sua scarsa vena a gestire la squadra, aiutarla nei momenti critici e la sua vera e propria assenza in fase di costruzione. Riferendosi a lui, infatti, spesso l’etichetta di “bomber d’area” ha avuto accezione negativa, sottolineando i limiti del nerazzurro.

Al quinto minuto si ha già la sintesi dei problemi del Napoli: nessuno riesce a chiudere la linea di passaggio per Icardi, sempre libero di scendere e far girare la manovra interista.

Ieri sera, tuttavia, il capitano dell’Inter ha invertito la rotta nel suo modo di giocare, scendendo a toccar palla anche tra le linee. Con l’aiuto poi di un Allan più che mediocre, l’argentino ha sempre distribuito palla con tranquillità, ribaltando l’azione e permettendo ai suoi di salire. In special modo Asamoah ha beneficiato dell’evoluzione del numero nove: con continue sovrapposizioni, il ghanese è stato una spina nel fianco per la difesa avversaria.

Crisi di nervi
Nel secondo tempo, al contrario, la partita ha vissuto di una pura e lineare gestione di palla del Napoli, sempre sbiadito e compassato (colpa anche dell’assenza di Hamsik e di uno Zielinski non particolarmente ispirato), ma dominante. Capace di tenere l’Inter alle strette, addirittura spesso nella chiusa nella propria area, sino alla crisi di nervi.

Di Koulibaly prima, per gli osceni cori razzisti, e di Insigne e Rui poi. Due espulsioni, un goal, quello di Zielinski, divorato e infine il KO di “El Toro” Lautaro, che ha spiazzato inequivocabilmente Meret. L’ex Racing è stato bravo a sfruttare una palla vagante in area, lasciata scorrere da Perisic e Icardi. Ma il problema sta alla base: il Napoli si è fatto saltare ancora a centrocampo, permettendo con facilità la verticalizzazione per Keita, che ha crossato per Martinez.

Un comportamento, quello a fine match, irriguardoso. E pure troppo se si considera il Napoli unica squadra intenzionata a contendere con serietà il titolo alla Juventus. Ma una squadra come quella di ieri, innervositasi con poco, è lo specchio di quella che ha fronteggiato Liverpool e PSG alla pari.

L’immagine significativa del finale di partita: gli azzurri, visibilmente innervositi, protestano contro l’arbitro Mazzoleni, stavolta incolpevole per le loro ingenuità.

La vittoria dell’Inter è stata alquanto casuale, a dir la verità, in quanto avvenuta grazie alla giocata di un singolo a tempo scaduto e dopo una gara in equilibrio e stasi totale. Ma la serata gelida di San Siro ha insegnato una massima: solo chi è davvero fedele a se stesso ed alla propria natura, alla fine, ottiene i 3 punti. Mentre chi passeggia per il campo con la fascia di capitano sul braccio, come Insigne, senza provare a cambiare le sorti della partita, poi, finisce per sembrare imbarazzante. E, di certo, così non va.

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