Dal punto di vista tattico sicuramente non una partita indimenticabile, ma il calcio bello e maledetto, può dare gioie inaspettate ed insperate. Napoli-Chievo: era l’8 aprile 2018, gli azzurri erano ancora in lotta spietata con la Juventus per lo scudetto. La gara si era messa malissimo dopo il gol al 79esimo che aveva freddato l’intero San Paolo, in una giornata soleggiata, di Stepinski, il quale sembrava aver distrutto completamente quel sogno. Nonostante la storia abbia di nuovo reso vincitrice la squadra di Torino, la voglia – in quel momento – del Napoli di poter davvero puntare allo scudetto era talmente forte, percepibile concretamente, che anche in campo o calciatori sentivano prepotentemente la necessità di non doversi arrendere fino a che la partita non fosse finita. Provvidenziale fu l’entrata di Milik, il quale riuscì a pareggiare allo scadere del secondo tempo, co un colpo di testa che improvvisamente risvegliò dal torpore i 50mila presenti sugli spalti che trasformarono il San Paolo in una bolgia. Più del dodicesimo uomo in campo, più di un aiuto alla squadra.
Mancavano una manciata di secondi al triplice fischio finale, calcio d’angolo per gli azzurri che – a denti stretti – cercavano di non perdere la concentrazione, poi Diawara, freddo, sicuro di sé, con un destro a giro rese quella giornata che, aveva ormai preso l’aspetto di un triste epilogo, indimenticabile per le emozioni provate. Certe sensazioni sono difficili da spiegare, chi le prove può quasi toccarle con mano. La fede, la speranza, la determinazione sono il succo di un amore verso i colori della propria squadra che rendono questo sport, asettico oggi sotto tanti punti di vista, ancora il motore che spinge il tifoso a seguirlo.
Una data che è servita a poco ai fini della storia, ma che resterà nei ricordi di chi in quel pomeriggio ha capito quanto fosse bello amare incondizionatamente. Più del risultato.
