Il 2° posto, per la peggiore partita del 2018, va al match contro…

L’impostazione del gioco

Napoli-Chievo era cominciata con delle vere sorprese tattiche preparate da Ancelotti: Zielinski nel doble pivote di centrocampo e Mertens in avanti al posto di Milik. Evidentemente, l’idea era quella di giocare molti palloni dietro la linea del centrocampo di Di Carlo, pensata e messa in campo per intasare gli spazi di mezzo. Ancelotti ha cercato di forzare questo contesto, rinunciando alla fisicità di Milik meno utile di Mertens quando la squadra prova a giocare soprattutto palla a terra. Ci sono dei numeri che certificano questa strategia: nei primi 45′, il Napoli ha effettuato 334 passaggi bassi e appena 38 alti, una proporzione prossima a 10:1. Solo che, come ha spiegato Ancelotti, questo tipo di gioco funziona quando è caratterizzato da velocità e intensità. Altrimenti, gli avversari riescono a intasare gli spazi e a limitare i pericoli.  

Ma purtroppo è stato un brutto Napoli, apparso sotto ritmo e con poche idee. Quasi assente, nel primo pomeriggio di una domenica del 25 novembre, al San Paolo. Le cause cui aggrapparsi per giustificare una prestazione deprimente sono molteplici. La sosta per le Nazionali potrebbe aver sottratto energie preziose alla squadra di Ancelotti. Il campo pesante sicuramente ha avvantaggiato chi doveva difendersi. Ma c’entra qualcosina pure l’atteggiamento di alcuni giocatori e l’approccio superficiale alla partita di tutta la squadra. Forse soltanto contro la Sampdoria, la prestazione offerta dal Napoli era stata così mediocre. Magari, seppur inconsapevolmente, sulla testa degli azzurri ha pesato come un macigno la gara con la Stella Rossa.

La turnazione “Ancelottiana” non funziona

Questa volta, la “classica” soluzione scelta da Ancelotti, quella di affidarsi ad una turnazione degli uomini a sua disposizione per ridisegnare la squadra, non ha prodotto gli effetti sperati. Al contrario, sullo scialbo pareggio con i clivensi pesano proprio le prestazioni sottotono di alcuni titolarissimi. Ma anche l’involuzione di qualche “giovane predestinato”, che tarda a sbocciare del tutto, nel fulgore del suo talento, finora manifestato solo a spizzichi e bocconi. Senza considerare poi l’inadeguatezza di “qualcuno” a giocare a questi livelli. Sarebbe lecito, quindi, domandarsi perché il Napoli non sia riuscito a rimanere compatto, a muoversi in blocco, palesando evidenti scompensi, soprattutto nella costruzione del gioco.

Con quegli uomini e quello schieramento, il Napoli ha costruito sole due palle gol pulite: la ripartenza quattro contro due sciupata da Callejon sul finire del primo tempo e la clamorosa conclusione di Insigne da dentro l’area, all’inizio della ripresa. Due errori macroscopici del Chievo, che ha semplicemente trovato la chiave per fermare il Napoli.

Ancelotti in effetti ha cambiato uomini (dall’ingresso di Milik e Allan, il Napoli ha tenuto contemporaneamente in campo il centravanti polacco più Insigne, Mertens, Callejon e Zielinski), ma i suoi uomini non hanno cambiato modo di cercare la porta. Il Chievo li ha portati, confinati ancora di più sulla fascia, anche perché la voragine a centrocampo si è allargata con una squadra più lunga. Eppure i cross al centro per cercare Milik sono stati pochissimi, delle 11 occasioni create nella ripresa solo 4 sono arrivate con palloni alti, tesi a centro area. Su uno di questi, Koulibaly ha scheggiato il palo esterno.

La sensazione che resta dopo quella partita è che il Napoli non aveva ancora la giusta elasticità per risolvere certe partite, quindi per fare gol, con meccanismi diversi da quelli consolidati

IL RESOCONTO DEL MATCH

Il pareggio con il Chievo, consentì alla Juventus di allungare in classifica a +8, ma ciò non ha gettato dubbi sull’effettivo livello della rosa del Napoli, perché una brutta partita, nell’arco di una stagione, è naturale e gli azzurri hanno dimostrato di essere migliorati.

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