Allo stadio o davanti al televisore, poeticamente avvinghiati ad una vecchia radiolina anni ’70, o addirittura in viaggio con iPad e altre piattaforme di streaming, Liverpool-Napoli non è stata una partita di calcio ordinaria.
A partire dall’atmosfera surreale e sempre clamorosa regalata dal pubblico di Anfield, in realtà più simile ad una bolgia infernale che ad un impianto sportivo, fino ad arrivare ai valori tecnici delle due squadre scese in campo, le emozioni non sono mancate. E questo ce lo si aspettava.
Ciò che invece pare ancora irrazionale, vago e non ben definito agli occhi degli appassionati, del pallone e del Napoli, è l’eliminazione degli azzurri dalla Champions. Dopo la vittoria al San Paolo contro i Reds e ben due pareggi contro i fuorclasse del PSG, infatti, Insigne&co. devono accontentarsi dell’Europa League, malgrado i nove punti conquistati.
Klopp ha incartato il Re
Chi ragionevolmente credeva che a Liverpool si sarebbe ripetuta la partita d’andata non può altro essere che folle. Gli inglesi hanno da sempre trovato le loro fortune tra le mura amiche, tant’è che nella Storia solo quattro volte una squadra italiana aveva trionfato ad Anfield.
Alla qualità già invidiabile della squadra del Merseyside, poi, si aggiungono le intuizioni dell’allenatore tedesco: allora ecco che il gioco diventa davvero complicato. Già, perché se all’andata Carlo aveva incartato Salah, preparandogli Koulibaly in marcatura preventiva, la pugnalata al petto del Napoli è arrivata stavolta proprio dall’egiziano.
Klopp, da tecnico scaltro ed esperto qual è, non si è fatto nuovamente cogliere impreparato dinanzi alla difesa a “tre e mezzo” del Napoli, facendo agire Salah molto più esterno del solito (in campionato l’egiziano gioca addirittura punta centrale).
Così facendo l’uno contro uno del numero 11 degli inglesi ha incontrato lo sventurato Mario Rui, che per quanto bravo non aveva né gamba né doti difensive per prendere l’ala avversaria.
I top si vedono dalla personalità
Non è una leggenda. Nel calcio i campioni veri si sentono sempre, soprattutto nei momenti importanti e decisivi della stagione. Il Napoli non può dire dunque, a differenza di quanto dichiarato da tutta l’opinione pubblica precedentemente, di disporre di potenziali fuoriclasse.
Hamsik, ad esempio, che rimane pur sempre il capitano, ha sbagliato di tutto: tra tempi di uscita e retropassaggi killer, che per poco non mandavano in porta gli attaccanti dei Reds, lo slovacco ha confermato i propri limiti in Europa, dove è stato divorato dal pressing del centrocampo inglese.
Disposto infatti a tre nel mezzo, il lavoro sporco di Henderson e Milner ha permesso al vero fuoriclasse con la maglia numero 5 di salire in cattedra: Georginio Wijnaldum, in arte “Ginny”, ha tenuto qualitativamente in piedi da solo il reparto nevralgico, disorientando Allan, che pure ha resistito finché ha potuto alle combinazioni in velocità tra l’olandese e Firmino.
In fase di non possesso, poi, il Napoli ha sofferto troppo le iniziative dei Reds. Insigne e Mertens, già spenti in fase offensiva, hanno pressato troppo bassi, permettendo sempre agli avversari di iniziare l’azione dal basso. In tal modo, i due centrocampisti centrali azzurri si trovavano sempre in una terra di mezzo tra centrocampisti e attaccanti inglesi, non riuscendo mai a bloccare la manovra offensiva della squadra di Klopp.
Nonostante tutto, niente rimpianti
Analizzato i problemi che hanno portato il Napoli all’uscita dalla Champions, non vanno però trascurate le note positive apparse durante tutto il girone, che hanno permesso agli uomini di Ancelotti di sfiorare un’impresa titanica. Del resto, la crescita di un club ed una squadra non passa solo attraverso le qualificazioni e le vittorie, ma anche e soprattutto attraverso cocenti delusioni.
Il primo fattore nettamente incoraggiante piovuto da questo “turno della morte” è stato il miglioramento nella gestione dei ritmi. Pur non avendo spesso la palla, ieri sera, infatti, il Napoli ha saputo non andare in panico dopo l’1-0 di Salah, venuto nel momento peggiore, e si è risvegliato contrattaccando con forza e voracità. Purtroppo, alcuni errori dei singoli hanno fatto la differenza.
Lo si poteva immaginare. Questi ragazzi sono bravi, a volte riescono ad essere eccellenti, soprattutto nella dedizione al lavoro e nella immedesimazione a schemi diversi che Carlo sta continuando a provare. Il vero snodo è qui. Non ci sono fenomeni e, probabilmente, non ci saranno a breve. C’è però uno spirito di gruppo inimitabile. E in questo momento storico va anche bene così. Usciamo (giacché coinvolti tutti, dal primo all’ultimo che ha seguito la squadra durante la competizione) dalla Champions con ricordi belli, a tratti memorabili, e con l’amarezza che ancora non passa. Ma i rimpianti vanno evitati: il Napoli ha dato tutto.