De Giovanni pungente: “Napoli città strana, gap tra Juve e le altre in realtà piace a tutti e vi spiego perchè”

L’interessantissimo convengo per la presentazione del libro “Calcio e diritto: il rispetto delle regole nell’era del Var” a cura del prof. Guido Clemente di San Luca, tenutosi nella giornata di ieri presso l’aula magna della Suor Orsola Benincasa di Napoli, ha avuto come protagonisti e relatori un cospicuo numero di esponenti della cultura artistica, giuridica e giornalistica del panorama non solo partenopeo ma anche nazionale.

A prendere la parola in modo -come al solito, elegante ma finemente sarcastico- è stato lo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni che, esordendo con: “Mi chiedo perché sono stato invitato a parlare, ho scritto i Bastardi di Pizzofalcone e forse sono qui per mettervi a disposizione la mia conoscenza sui bastardi in generale” non fa che alleggerire il clima di una platea mossa da intenti critici e di risentimento aizzati, sicuramente, dal dover affrontare un tema assai doloroso pe le esperienze di tutti i tifosi del Napoli.

Lo scrittore si prende la scena con fare esemplare per oltre dieci minuti, sottolineando l’aspetto più romantico, socialmente umano, che la questione calcistica nella città degli ‘scugnizzi’ riveste:

Faccio subito un mea culpa: sono anch’io affetto da quella grave malattia che non mi fa vivere se non in simbiosi con la mia squadra; non è certo un caso che l’abbiano chiamato appunto ‘tifo‘”. E via con uno scroscio di applausi dalla platea.

La città di Napoli è veramente strana. Uno dei motivi per cui la mia città è atipica risiede nel fatto che, pur essendo una enorme metropoli, a dispetto di tutte le altre grandissime città d’Europa ha una sola squadra di calcio. Londra, Madrid, Milano, Roma, Genoa e quell’altra città del nord Italia di cui non ricordo il nome hanno almeno due formazioni se non anche di più. 
L’avere una sola squadra in una città così grande è forse dovuta dal fatto che non c’è interesse per il gioco del calcio? 
Sicuramente no, anche perché se il numero di squadre fosse commisurato all’interesse che viene suscitato, a Napoli ci sarebbe una città per ogni condominio“.

Il punto è che se a Napoli c’è una sola squadra è perché non c’è bisogno di altro, perché il popolo e la città si identificano, si rispecchiano nella squadra di calcio e viceversa. 
Il calcio Napoli e la città stessa sono capaci di grandi imprese ma anche di lunghi periodi di Medioevo, il tutto perché questo è un rapporto di identità“.

Io ho difficoltà a credere che il calcio sia solo un gioco: basti pensare che la squadra che ha vinto lo scorso campionato di Serie A, di cui purtroppo non ricordo il nome per varie amnesie, ha un monte ingaggi pari al triplo delle sue concorrenti.
Questo dato ha una pesantezza nella trasparenza del gioco a dir poco imbarazzante: nel nostro paese una squadra più vince e più guadagna, creando un circolo vizioso alimentato dall’idea di dover aumentare sempre più il gap tra chi vince e chi prova a competere“.

Vi dirò di più, il problema più grande risiede nel fatto che la stessa condizione di superiorità assoluta di un club a dispetto degli altri fa piacere anche ai presidenti delle squadre soccombenti: l’acquisto di un calciatore come Ronaldo tende ad annullare le possibilità per le altre squadre di poter sottrarre alla Juve il suo dominio ma rende comunque felici i club che sanno in partenza di perdere. 
Perché? Perché lo strapotere di una squadra, a maggior ragione se condita dalla presenza di un top player, fa sì che i diritti tv siano sempre maggiori e maggiore sarà la fetta di torta che spetterà ad ogni squadra”. 

Il problema, dunque, è proprio quello per cui la nostra Serie A non potrà mai riprendersi se non modificherà la gestione dei fondi, la ripartizione dei diritti tv e la separazione dell’organo degli arbitri da quello della FIGC“.

 

 

 

 

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