L’ANALISI – Primo atto: le idi di Aprile, il catenaccio e la solitudine di Rafael

    Dopo due settimane e novanta minuti, si chiude con un pareggio il primo atto di Napoli Juventus. Cala il sipario al San Paolo dopo uno spettacolo che ha riservato applausi e fischi a seconda dei protagonisti in scena.

    Atto primo, il ritorno di Gonzalo e le idi di….Aprile. Accolto da fischi roboanti che come fendenti lo hanno colpito in più occasioni e ne hanno appannato la prestazione in maniera evidente, anche forse per demerito di una Juventus altamente catenacciara che lo ha isolato in avanti facendo arretrare Mandzukic sulla linea dei terzini a marcare Hysaj, quando invece la normalità vorrebbe l’opposto. Fischi assordanti per quel tradimento estivo che forse nessuno mai riuscirà a dimenticare così facilmente come vorrebbero farci credere. “Tu quoque Gonzalo”. Napoli e i suoi tifosi si sono limitati a trattarlo con indifferenza all’arrivo e con il disprezzo dei fischi al suo ingresso in campo e ad ogni minimo tocco. Neanche l’aver indossato la maglia azzurra, quasi per uno strano scherzo del destino, gli ha sortito effetto. Brava ad ogni modo la difesa azzurra a tenerlo a bada e forse qualche occhio in meno a lui e un’attenzione in più agli inserimenti di Khedira, avrebbero probabilmente evitato il gol in avvio che in parte ha condizionato la gara. La linea maginot bianconera ha fatto il resto mettendo il Napoli nelle condizioni di giocare come meno gli piace, ovvero essere costretti a sfondare una linea di otto giocatori schierati davanti alla porta di Buffon. Mancavano solo le camionette che avevano scortato il pullman bianconero fino al San Paolo o quel muretto divelto, dallo stesso pullman, all’ingresso dello stadio e allora avremmo ricordato le vignette che Mourinho si era più volte dovuto sorbire in molte delle sue gare europee sia con l’Inter che con altre squadre. Sarri si è affidato sempre a solo al fraseggio dei suoi ragazzi che ha, poi, portato alla splendida combinazione tra Mertens e Hamsik per il gol del pareggio. Ieri agli azzurri è mancata la precisione in fase offensiva e probabilmente un pò di peso in avanti nel frangente finale. Certo è che gli acciacchi muscolari palesati da Hamsik e Strinic non hanno favorito l’ingresso di Milik e chissà come sarebbe finita. Ma sappiamo che il calcio non è una scienza esatta e non si costruiscono le partite con i se e i ma ma con i fatti.

    Attore non protagonista del primo atto è sicuramente Rafael Cabral. In due anni da terzo a primo portiere più per necessità che per merito. Doha e il suo miracolo che regalò la coppa agli azzurri un ricordo ormai lontano. Dai margini della squadra a attore in scena per grazie ricevuta. Primo tiro e subito un gol subito e già i primi mugugni avevano iniziato ad alzarsi dagli spalti. Poi, tutti si sono dimenticati di lui perchè, per il portiere brasiliano, è stata una gara di assoluta inoperosità. Neanche una battuta gli è stata concessa in platea, giusto un’uscita in scena nel secondo tempo a far suo un pallone vagante e poi più nulla. C’è chi giura di averlo visto giocare a carte con i raccattapalle e i fotografi a bordo campo, pare che abbia vinto una cena che però non sarà di certo consumata mercoledì sera quando, probabilmente, potrebbe essere ancora una volta attore in scena, speriamo ancora come non protagonista.

    E ora calato il sipario del primo atto, giusto il tempo per ripassare il copione e lucidare gli scarpini, che si torna in scena per il secondo e decisivo atto che può valere molto di più di un semplice applauso della platea. Può valere l’accesso ad una finale per portare nella spoglia bacheca azzurra un altro trofeo che può essere iniezione di fiducia per un gruppo che vuole scoprirsi non solo bello ma anche vincente e aprire un ciclo pieno di soddisfazioni. Perchè vincere a Napoli vale cento volte di più di una vittoria altrove e chi non lo saputo apprezzare è giusto che abbia preso strade diverse.

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