L’inferno è alle spalle: media punti pazzesca nelle ultime sette gare

    Mica l’alba di nuovi giorni: quello pareva il tramonto, la fine di un’epoca, (quasi) d’un impero, con il ciglio del burrone alle spalle. Pessimismo cosmico, o giù di lì: siamo a domenica 28 settembre, prima di mezzogiorno, e la classifica è una lama tagliente nelle aspirazioni ma soprattutto nel morale, un microcosmo rovesciato, con l’umore sotto i tacchi di quei 4 punti in classifica in quattro giornate, a 11 dalla Juventus e dalla Roma che sembra se ne siano già andate (e che però hanno già giocato al sabato sera), a 5 dall’Udinese e dall’ultimo posto buono per la Champions. Ops: mica era finita la stagione, però vuoi mettere viverla secondo i gusti di Napoli, già sventrata dall’ eliminazione dalla Champions, non ancora precipitata nelle tenebre di Berna. Sette partite sono un altro dettaglio, però riscrivono la storia (contemporanea) di questo campionato, risistemano nell’angolo la diffidenza di quel settembre nero, scacciano via l’incubo, il tormento, il malessere collettivo e si lasciano rileggere: è cambiato, all’improvviso, l’universo, certo Madame resta ad 8 punti e la Roma a 4, ma vuoi mettere adesso, con cinque vittorie e due pareggi , con la media di 2,43 ch’è vagamente superiore a quella della “Vecchia Signora” e della Lazio e che però ha prodotto un riavvicinamento con Garcia & company.

    IL PRIMO PASSO

    In realtà, tutto comincia a Reggio Emilia, dove si avvia il processo di rinascita, poi prosegue con il Torino e infine si riavvia con la sosta, nell’amarezza del pareggio con l’Inter che però riconsegna certezze sulla consistenza del Napoli, sulla sua capacità di andare a fare la partita (nella ripresa) in casa d’una big, di passare due volte in vantaggio e, vabbé, di dilapidare in entrambe le circostanze. Peccati di gioventù o di vecchiaia, fate un po’ voi, perché sono ciclici: ma Benitez ha intanto ritrovata la verve dei giorni migliori, le gambe vanno e poi quelli sono i primi segnali.

    IL MORSO ALLA LUPA

    Ma quando poi c’è la “partita”, che a quel tempo è Napoli-Roma, si ribalta lo scenario: un’ora e mezza di calcio verticale, la cosiddetta Grande Bellezza, 2-0 però dominando, mostrando trame che entusiasmano. L’ultima sconfitta in campionato del Napoli risale a Udine, era la terza, c’erano ancora gli effetti del San Mamés, un’ombra che s’è allungata pericolosamente sulla psicologia (ora ritrovata) di quel gruppo. Ma il riscontro che parte dal Sassuolo ed approda sino alla Fiorentina, che dunque concentra l’analisi dalla ritrovata vittoria del “Mapei Stadium” sino al blitz del “Franchi” è la sintesi d’uno stato d’animo che, alla vigilia di un ennesimo tour de force induce a credere che nulla sia impossibile: le annunciate regine restano lassù, però individuabili, ma il terzo posto è stato agguantato e l’ottimismo è un propellente, nonostante i tanti acciacchi nell’organico.

    UN SOLO IMPERATIVO

    Vincere aiuta a vincere: e quei diciassette punti sui ventuno disponibili (e con la “rabbia” dentro per aver dilapidato un successo contro l’Inter ed un rigore al 93′ a Bergamo) costituiscono l’energizzante cui attingere per assecondare la richiesta di Aurelio De Laurentiis, nel momento del mesto addio alla propria mamma, mentre intorno a lui c’erano Britos, Mesto e Koulibaly. “Vincete con onore in questa settimana, vincete sempre”. Perché ci sono momenti in cui il calcio, nel suo piccolo, diventa espressione di vita.

    Fonte: Il Corriere dello Sport

     

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