Serbia-Albania: quando l’odio non lascia spazio nemmeno ad una partita di calcio…

    Doveva essere una semplice partita di qualificazione tra una nazionale sorprendente come l’Albania, guidata da Gianni Di Biase, riuscita a vincere in Portogallo e che è attualmente prima nel suo girone, e la Serbia, fino ad adesso alquanto deludente, con uno striminzito pareggio ottenuto in Armenia. Doveva, appunto, essere una semplice partita di qualificazioni, ma per ragioni, che vanno ben oltre il calcio, tutto ciò non è stato possibile e, chissà, se mai lo sarà.

    Serbia e Albania sono da sempre rivali per questioni storico-politiche da molto prima che ci fosse la separazione della ex Jugoslavia. Il match era a forte rischio e questo lo si sapeva sin dal momento in cui Serbia e Albania sono state sorteggiate nello stesso girone dall’urna di Nyon. Il rischio c’era e le attese sono state confermate. Fuori lo stadio e sopra gli spalti cominciano i primi tafferugli con “immancabile” lancio di petardi  e fumogeni, ma l’apoteosi viene raggiunta poco prima che finisse il primo tempo: improvvisa irruzione di un drone che trasportava una bandiera del Kosovo con la scritta “Autochtonus” (come a voler dire in questa terra siamo nati noi e la rivogliamo), Mitrovic (difensore serbo) visibilmente infastidito, afferra il drone e lo scaraventa per aria distruggendolo. A questo punto la tensione la fa da padrone al Partizan Stadium di Belgrado e il gesto di Mitrovic scatena una rivolta dei calciatori albanesi che poi degenera in una rissa.

    E l’UEFA? Non avrebbe potuto evitare questo drammatico epilogo? Quando c’è un pericolo fondato per il normale svolgimento dell’evento sportivo, l’UEFA può decidere di cambiare i gironi ma non era questo il caso, visto che c’era un precedente come quello tra Serbia e Croazia nelle qualificazioni agli scorsi Mondiali, che fa giurisprudenza, in cui tutto è andato per il meglio. Quel giorno fu vietata la trasferta ai tifosi croati. Invece, nel caso dei tifosi albanesi, l’UEFA è riuscita all’inizio a convincere la FSS (federcalcio serba) a farli assistere alla partita, ma a condizione di avere nominativi, passaporti e residenze dei supporters in arrivo dall’Albania. Successivamente la FSS ha ricevuto la risposta della federcalcio albanese che spiegava come fosse impossibile raccogliere i nominativi dei tifosi residenti fuori dal paese così facendo nascere una discriminazione verso i tifosi residenti: proposta respinta! Così la FSS concordante l’UEFA e con il ministro degli interni serbo hanno deciso ti vietare la trasferta agli albanesi.

    Purtroppo non è l’unico paradosso nella serata dei paradossi. L’ulteriore controsenso è la presenza di Ivan Bogdanov, che gli italiani ricorderanno per essersi arrampicato sulla rete del Marassi in un Italia-Serbia ed aver bruciato la bandiera kosovara, nel rettangolo di gioco. L’ultras serbo può essere identificato quasi come un leader di questo movimento nazionalista. Da ricordare che la metà dei calciatori albanesi, se non di più, compreso il capitano della Lazio Lorik Cana, hanno origine kosovara. Dopo questa notte tanti interrogativi: questi due paesi saranno mai in grado di mettere da parte l’odio? Riusciranno mai a stare, anche solo per 90′, a guardare una partita di calcio senza questi gesti che non fanno altro che infagare il gioco più bello del mondo?

    ECCO IL VIDEO DI QUELLO CHE È SUCCESSO.

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