FIORI DI PRIMAVERA – Diego Acunzo, l’azzurrino con un nome e un numero da predestinato

Un nome e un numero nel suo destino, un’eredità importante vista la maglia che indossa. Diego Acunzo, il centrocampista che sulle spalle ha la 10, sa benissimo cosa significhi per i napoletani quell’ormai simbolo “sacro”. La sua è una storia come quelle vissute da tanti ragazzi della sua età, con la passione per il pallone che lo ha sempre accompagnato nel suo percorso di crescita.

Il talento campano è nato a San Giuseppe Vesuviano, dunque alle falde del grande vulcano, il 19 marzo del 1998. Ha sempre, però, vissuto a Boscoreale (frazione Marchesa). Ha cominciato la sua avventura a cinque anni, quando capì che per lui quello sarebbe potuto essere molto più di un gioco.

La prima scuola calcio ad accoglierlo fu la Polisportiva Boscotrecase, successivamente si trasferì al Maraotto di Antonio Marasco, ex giocatore conosciuto soprattutto per i suoi trascorsi con la maglia del Savoia. A 14 anni lo prelevò la Paganese facendo così parte dei Giovanissimi di mister Fusaro, poi Allievi Nazionali e, addirittura, arrivò all’esordio in prima squadra in Lega Pro con all’attivo tre presenze contro Catanzaro, Barletta e Salernitana.

Dopo l’esperienza campana, finì sotto l’occhio del Parma (dopo un testa a testa con il Napoli), che lo acquistò girandolo in prestito ai granata salernitani, ove con gli Allievi Nazionali di mister Luca Fusco fu eletto miglior centrocampista delle finali scudetto di Chianciano. Un anno fa, infine, il passaggio in azzurro grazie alla supervisione di Gianluca Grava.

Le sue sono caratteristiche particolari. Gioca come interno sinistro, alla Hamsik insomma, nel 4-3-3 di Saurini. Non ha né un gran dinamismo né velocità, ma sa usare entrambi i piedi ed ha un’ottima intelligenza tattica, indovinando spesso i tempi di gioco. È forse un calciatore più di testa che di gambe, utile dunque per dare manovra alla squadra.

Il suo idolo è Kevin Strootman, la cosiddetta “lavatrice”, ha quindi senso del sacrificio, non risparmiandosi mai per recuperare palloni. Dà l’anima quando è in campo ed è una dote che tutti gli allenatori gli hanno riconosciuto.
Ha, insomma, tutte le carte in regola per poter diventare protagonista anche nel calcio che conta, con duro lavoro e testa sulle spalle.

Qualità, per fortuna, che non gli mancano. Il Napoli nel presente e nel futuro, con un nome così e il numero scelto sembra proprio essere un predestinato.

Articolo precedenteEDITORIALE – Milik e quella qualità “particolare” che mancava da troppo tempo
Articolo successivoCHAMPIONS LEAGUE, Gruppo H: Lione in vantaggio, a segno un obiettivo del Napoli