EDITORIALE – Non sputare in cielo che in faccia ti torna

Era luglio, era l’estate 2016 quando si consumava il trasferimento più chiacchierato degli ultimi anni della Serie A. In un’estate arroventata, infuocata, l’eroe dei 36 gol cambiava casacca, lasciava Napoli per il nemico più odiato dei tifosi azzurri: la Juventus.
Tanti, sicuramente troppi, hanno indirizzato nei confronti dell’argentino parole ingiuriose, offese e auguri di cattiva sorte. Oggi, a distanza di un anno, la storia si ripete come fosse un omaggio all’immortale Macchiavelli. Molti, non tutti certo, stanno rivolgendo nei confronti di Bonucci, prossimo al trasferimento al Milan, parole aventi lo stesso timbro maleducato ed offensivo. Non vogliamo fare una classifica dell’orrido valutando quali offese siano più gravi, come ad esempio infangare l’immagine di un bambino (figlio di Bonucci) che nulla c’entra con situazioni di mercato. Non vogliamo pesare le volgari parole che sono serpeggiate un anno fa e che stanno sporcando il web adesso. Emerge lampante come alla base di tutto ci sia una perdita di valori, dignità e intelligenza asfissiata da una profonda ignoranza. Il calcio è indubbiamente uno dei motori rombanti della nostra società, un baluardo che unisce, seppur frammentato in tante fedi, la grande maggioranza della popolazione. Ad esso spesso si associano violenze di ogni tipo, razzismo e discriminazioni.  Ciò che fa imbarazzo e su cui dovremmo riflettere è che in molti casi certe villane e incivili abitudini vengano catalogate come cose normali, semplicemente cose da stadio. Tanti si rifugiano in commenti così sterilmente miopi perché incapaci di affrontare una realtà troppo più grande delle loro stesse capacità cerebrali. Il calcio è prima di tutto sport, condivisione. Non è violenza, prevaricazione e disordine sociale. Non importa si parli di azioni o parole, entrambe feriscono l’animo di chi ancora crede nei valori fondanti del rispetto e dell’etica e che, razionalmente, vuole distinguersi come essere umano e non come bestia imbizzarrita.
Tale analisi era doverosa, motivata da turpiloqui che cominciano ad elevarsi al cielo manifestandosi per ciò che sono: rifiuti intossicanti e degenerativi. Ora, però, permetteteci di sorridere, di fare una sana ironia. Ironia che, a ragion veduta, dovrebbe rappresentare l’unico canale sul quale diffondere le rivalità sportive, le antipatie tra fazioni aventi fedi differenti. Un anno fa l’Italia intera, in particolare quella di fede juventina, accusó i napoletani di essere bigotti, provinciali e sentimentali senza senso. Dissero che i napoletani (tifosi) erano schiavi di un principio di inferiorità, succubi di chi è migliore di loro in quanto incapaci di elevarsi dalla mediocrità. Si sono erti a paladini dei giusti valori sportivi, etici, indossando il tocco desiderosi di insegnarci cosa fosse lo sport, il calcio. Dissero che certe offese squalificano l’uomo, lo mortificano e declassano. Parlarono tanto, come sempre del resto. Beh, alla luce della baraonda vergognosa che si sta alzando conto un ragazzo che “semplicemente” è stato venduto in un mercato libero, teniamo a ricordarlo, non riusciamo a capire come possano gli stessi che si indignarono nei nostri confronti appena un anno fa, fare oggi lo stesso se non anche peggio. Coloro che non sono provinciali, che ci hanno insegnato che la maglia è l’unica cosa che conta, non possono sporcarsi il bavero allo stesso modo. Eppure, nonostante tutto, è successo. Questo perché alla base di tutto c’è l’amore verso colori che sentiamo nostri, verso giocatori che ci hanno fatto sognare, che abbiamo sentito vicino al cuore. Rifiutiamo che il calcio sia business, giochi di interessi e che i protagonisti di questo circo sono uomini con necessità comuni a qualsiasi altre persone.

A sorridere, però, è che a distanza di solo un anno le parti si sono invertite.

A sorridere è che coloro che festeggiavano un tradimento che ha colpito noi, ora invece piangono di rabbia per un traditore che ha assassinato le loro anime tifose.
Nella vita tutto torna come una ruota, si rigenera e siccome siamo napoletani e quindi animati dall’ironia possiamo concludere il tutto dicendo:”nun sputa’ ‘ncielo ca ‘nfaccia te torna”.

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